giovedì 2 luglio 2020

DIRITTO ED AUTODETERMINAZIONE IN MATERIA DI SALUTE: LIBERTÀ DI SCELTA seconda parte

di Luca Scantamburlo | 2 luglio 2020 | SECONDA PARTE



Il sottoscritto è stato protagonista nel 2019 di un contenzioso civile (con tanto di servizi televisivi RAI3, Regione FVG, aprile 2019 ed ottobre 2019) presso il Tribunale di Trieste, sezione civile, ove è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale per il diritto alla istruzione presso la scuola della infanzia.
Un contenzioso che per certi versi è stato storico e certamente di rilievo pubblicistico, anche se poco noto nelle cronache (ne ha parlato il quotidiano Il Gazzettino nel settembre 2019).
Il mio ricorso e dell'altro genitore di nostro figlio, sospeso durante la frequentazione scolastica per inadempienza la Legge 119/2017 - ed anche il successivo nostro reclamo presso l'autorità giudiziaria - sono stati entrambi rigettati dal Tribunale, ma essi meritano attenzione per la portata del riconoscimento del diritto soggettivo avvenuto con l'esito dell'ordinanza in risposta al reclamo. 
Infatti, a seguito di un provvedimento di sospensione da scuola disposto nel marzo 2019 da parte del Dirigente scolastico di mio figlio, il mio legale rappresentante (Avv. Michele Rodaro, Foro di Udine) ed io abbiamo ricorso d'urgenza davanti al Tribunale ordinario di Trieste (ex. art. 700 cpc), costituendoci in giudizio in proprio contro il MIUR, e chiedendo al Giudice la riammissione a scuola del minore, inadempiente la legge 119/2017 per scelta consapevole di obiezione attiva dei genitori, dopo confronto con le Autorità sanitarie, e pregresso deposito di dissenso informato rispetto all'atto sanitario della vaccinazione. In un secondo momento, anche la madre di nostro figlio si è costituita in giudizio al mio fianco, per dare piena rappresentanza legale ai diritti del minore da noi rivendicati.
Pur perdendo sia il ricorso sia il successivo reclamo - ritenuti infondati dalle Autorità - il Collegio del Tribunale di Trieste ha riconosciuto nella ordinanza del 30 ottobre 2019, il titolo giuridico di diritto soggettivo del diritto alla istruzione del minore, proprio il titolo di cui il mio legale chiedeva riconoscimento  - contro la tesi del Giudice ordinario e dell'Avv. Distrettuale dello Stato che difendeva il MIUR, i quali rivendicavano un interesse legittimo, e dunque un vizio di giurisdizione (soprattutto l'Avv. Distrettuale dello Stato, che insisteva perché il contenzioso fosse tenuto al TAR)  ed avevano sottolineato che un tale diritto soggettivo  - da noi considerato assoluto e perfetto - non esisteva.

Inoltre l'Avv. Michele Rodaro ed io avevamo richiesto al Tribunale di Trieste il rispetto non solo del diritto costituzionale ma anche di quello dell'ordinamento comunitario: abbiamo cioè nel ricorso d'urgenza ex- art. 700 cpc avverso la sospensione scolastica dalla frequentazione scolastica nell'ambito della scuola della infanzia di mio figlio -  ribadito la tutela ed il diritto espresso dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (CDFUE, già Carta di Nizza), rilevando un contrasto fra il nucleo essenziale dei diritti garantiti ai cittadini europei (diritto alla integrità psicofisica e ad esprimere un consenso libero ed informato art. 3, e conseguentemente, in modo implicito, il diritto alla istruzione e formazione art. 14, ed il diritto alla non discriminazione per convinzioni personali art. 21)  e legge ordinaria dello Stato, la quale deve sempre rispettare il nucleo essenziale dei diritti dei cittadini comunitari (art. 52 CDFUE).
Palese che la normativa vigente nazionale (Legge 119/2017) non ha tenuto conto del principio di proporzionalità, né della esistenza del principio del consenso libero ed informato e degli altri diritti della persona in combinato disposto. 
Il Collegio del Tribunale di Trieste - pur riconoscendo il diritto alla istruzione come un diritto soggettivo del minore e non un interesse legittimo - è stato di altro avviso ritenendo non irragionevole la compressione di questo diritto alla istruzione, subordinato sin dal 2017 nella scuola della infanzia, ad un trattamento sanitario obbligatorio (profilattico).
La decisione del Collegio poggia soprattutto sulla pregressa sentenza nr. 5/2018 della Corte Costituzionale, che marginalmente si era pronunciata anche sui diritti soggettivi nel ricorso in via principale sollevato dalla Regione Veneto nel 2017 avverso il Decreto 73 e la Legge di conversione 119/2017, ed aveva giudicato non irragionevole il bilanciamento fra diritti del singolo alla autodeterminazione, ed il potere legislativo dello Stato che esercita appunto una compressione di questa autodeterminazione, per ragioni di tutela della salute pubblica. Resta il fatto che tale ricorso avanzato dalla Regione Veneto era un ricorso in via principale sollevato per presunto conflitto di attribuzione (potestà legislativa) fra Regione e Stato, e dunque non sollevato per mancanza di conformità della legge ordinaria rispetto ai valori fondanti della Costituzione, in tema di diritti soggettivi ed inviolabili della persona umana. 

DOMANDA ALLA LUCE DELLA SENTENZA 269/2017 DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Negli scorsi mesi - prima del confinamento a cui siamo sottoposti in Italia a causa delle misure di contrasto adottate dalle Autorità per fronteggiare l'emergenza sanitaria - mi sono rivolto ad esperti di bioetica giuridica e diritto costituzionale, tutti addetti ai lavori di scienze giuridiche, chiedendo loro se nello specifico caso descritto - od in uno analogo a questo -  vi sarebbero stati i margini di scelta diversi per un Giudice o un Collegio chiamati a decidere
Cioè se avrebbero potuto - e forse anche dovuto - seguire la raccomandazione della Consulta, espressa nella Sentenza nr. 269/2017, che invita chiaramente i Giudici ad avviare un giudizio incidentale - e dunque accogliere la questione di legitimità costituzionale da una parte ricorrente, o sollevarla d'ufficio, in determinati casi.
Si pone la questione nei seguenti termini: qualora vi siano effetti diretti se si applicasse il rispetto del diritto comunitario, ovvero questo sia apparentemente non rispettato ed in conflitto da una legge ordinaria dello Stato di un Paese della Unione, e qualora non vi siano effetti diretti applicando il rispetto del diritto comunitario, disapplicando la legge che lo infrange.
Nel caso in cui il Giudice non disapplichi la normativa interna allo Stato in apparente contrasto con la carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, egli è tenuto a rimettere il giudizio alla Consulta, e sarà il Palazzo della Consulta a valutare se vi sia o meno un reale contrasto fra la normativa interna e la tutela dei diritti comunitari.
Purtroppo il mio legale ed io non abbiamo fatto in tempo a presentare - nella argomentazioni e controdeduzioni giuridiche presentante in contenzioso - questa sentenza della Consulta, e le indicazioni da essa fornite.
Ma avevamo citato correttamente il rispetto della Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea (Carta di Nizza), ed il Collegio di Trieste era senza dubbio tenuto a conoscere il contenuto della sentenza nr. 269/2017.
Altri in futuro potranno o potrebbero far tesoro del nostro risultato e chiedere appunto la remissione degli atti alla Consulta, in casi analoghi.
In particolare la ordinanza (molto scarna, ed asciutta) del 30 ottobre 2019 a firma del Collegio del Tribunale di Trieste, riassume in sole cinque pagine tutto il contezioso civile, che mi ha visto soccombente.
Le pagine del reclamo del mio legale, avverso la ordinanza del Giudice ordinario (agsto 2019), ben specificano la questione di legittimità costituzionale da noi sollevata (per la fascia di età 3-6 anni, scuola della infanzia, disciplinata dalla Legge 119/2017), e rigettata dal Collegio di Trieste. 
Fra i giuristi da me interpellati uno di loro si è distinto, rispondendomi con cortesia, e dandoci indirettamente ragione in quanto egli - Associato di diritto costituzionale italiano e comparato e Dottrina dello Stato presso una università svizzera - si è pronunciato come segue:

"A mio avviso, il Giudice doveva sollevare in via incidentale davanti alla Corte Costituzionale questione di legittimità costituzionale in quanto la Legge Lorenzin, contrastando con la Carta di Nizza, parte del Trattato di Lisbona del 2007, si pone in violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. che impone il rispetto degli obblighi comunitari tra i quali quelli discendenti dal Trattato."

Opinione espressa a titolo personale - in corrispondenza con lo scrivente - dal Professor Daniele Trabucco, Associato di diritto costituzionale italiano e comparato e Dottrina dello Stato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera), nonché professore di Diritto internazionale, a contratto, presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici Prospero Moisè Loria di Milano. 

Dunque la partita con la Corte Costituzionale è ancora aperta: si è giocato solo il primo tempo ed è teoricamente possibile ancora arrivare davanti ai Giudici della Corte Costituzionale.

© Luca Scantamburlo
2 luglio 2020

Photo credit: Unsplash.com, Tingey Injury Law Firm, West Charleston Boulevard, Las Vegas, NV, USA

PRIMA PARTE

PER APPROFONDIMENTI

* CARUSO Corrado, professore, "La Corte costituzionale riprende il «cammino comunitario»: invito alla discussione sulla sentenza n. 269 del 2017", 8 dicembre 2017, Forum Costituzionale

* RUOTOLO Marco, professore, "Quando il giudice deve fare da sè", 22 ottobre 2018, Questionegiustizia.it

* RODARO Michele, Avv., (Foro di Udine) ricorso Scantamburlo Luca et al., Info sulle ordinanze di rigetto dei giudici del Tribunale di Trieste, e le carte di ricorso e reclamo del contenzioso (omessa la documentazione prodotta dall'Avv. Distrettuale dello Stato, l'Avv. Lorenzo Capaldo che in ogni caso è ricostruita nei passaggi, dalla ordinanza del Collegio). https://vaccinoconsapevole.blogspot.com/p/civile-procedimento-i-documenti.html?m=1

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