mercoledì 1 luglio 2020

DIRITTO ED AUTODETERMINAZIONE IN TEMA DI SALUTE: LIBERTÀ DI SCELTA prima parte

 di Luca Scantamburlo  | 18 giugno 2020 | PRIMA PARTE

È tempo di una nuova normalità.

Sono oltre tre anni che personalmente lotto - non solo con Valentina De Guidi al mio fianco nelle azioni civil - ma anche da solo prima, e poi con tanti genitori che mi hanno aiutato con le spese giudiziarie sostenute nei contenziosi del penale e del civile.
Chiarisco una volta per tutte: il diritto alla autodeterminazione ed al principio consensualistico libero ed informato in ambito medico-terapeutico, è un caposaldo del diritto già consolidato. Non è in discussione. È patrimonio della dottrina ed anche della prassi sanitaria e non si può certo metterlo in discussione con un sondaggio, e men che mai con un dibattito parlamentare (le conquiste dei diritti umani non possono che trovare aggiornamenti migliorativi e non peggiorativi).
Il punto è un altro: può l'obbligo vaccinale - e dunque una decisione parlamentare - declinare un eventuale obbligo con una compressione degli altri diritti costituzionalmente garantiti?
La sentenza nr. 5/2018 della Consulta - esito del ricorso della Regione Veneto contro il Decreto Lorenzin e contro la legge 119/2017, impugnate in ricorso in via principale - ha stabilito che nell'ottica del bilanciamento fra AUTODETERMINAZIONE del singolo, e potere autoritativo dello Stato a tutela della salute della collettività, il diritto ai servizi educativi 0-3 anni di età, ed il diritto scolastico nella fascia 3-6 anni di età, possono essere compressi e subordinati ad un certificato vaccinale.
Nondimeno la ordinanza del Tribunale di Trieste del 30 ottobre 2019 (Collegio del Tribunale di Trieste, tre giudici, chiamati a pronunciarsi su un reclamo avverso Ordinanza di rigetto di un ricorso cautelare d'urgenza), ha aggiunto una considerazione giurisprudenziale ulteriore, seppur confermando quanto statuito dalla sentenza 5/2018 della Corte Costituzionale: la frequentazione scolastica anche nella fascia 3-6 anni di età (e di conseguenza anche nella scuola dell'obbligo) è un diritto soggettivo, alla istruzione (scuola della infanzia) e non un interesse legittimo dell'individuo, di fronte a cui la P.A. può esercitare limitazioni ed intermediare come potere autoritativo dello Stato. Questa questione giuridica fino all'ottobre 2019 ed alla decisione del Collegio del Tribunale di Trieste, non aveva trovato prima un accordo unanime fra i giuristi a livello accademico, né risultavano precedenti pronunciamenti giurisprudenziali che avessero fatta una qualche luce.
Nella sentenza nr. 438/2008 della Corte Costituzionale si cita la Convenzione di Oviedo in materia di consenso libero ed informato (ricordando che manca il deposito della ratifica). 
Dunque la Consulta l'ha usata già come ausilio interpretativo, analogamente da quanto fatto precedentemente dalla Suprema Corte di Cassazione nel 2007, chiamata a pronunciarsi sul ricorso del padre di Eluana Englaro. 
Ma la Consulta cita anche la CDFUE (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), Carta di Nizza, altrettanto importante, se non ancora più cogente visti gli altri diritti comunitari che essa tutela, come il diritto alla istruzione ed alla formazione, ed alla non discriminazione.
Così come aveva fatto anche la Corte di Cassazione, nel medesimo caso Englaro, che aveva anch'essa citato la CDFUE.

Nella sentenza nr.438 della Corte Costituzionale del 2008 si dice chiaramente che :

(...) "L'art. 5 della Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall'Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145 (seppure ancora non risulta depositato lo strumento di ratifica), prevede che «un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona  interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato»; 
l'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, sancisce, poi, che «ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica» e che nell'ambito della medicina e della biologia deve essere in particolare rispettato, tra gli altri, «il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge». 
La necessità che il paziente sia posto in condizione di conoscere il percorso terapeutico si evince, altresì, da diverse leggi nazionali che disciplinano specifiche attività mediche: ad esempio, dall'art. 3 della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati), dall'art. 6 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nonché dall'art. 33 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), il quale prevede che le cure sono di norma volontarie e nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se ciò non è previsto da una legge. 
La circostanza che il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all'art. 32, secondo comma, della Costituzione. 
Discende da ciò che il consenso informato deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione è rimessa alla legislazione statale"

Quindi, quello che conta è l'argomentazione in difesa del diritto da parte di un legale in giudizio, o da parte di un giurista chiamato ad esprimersi come consulente. Quello che conta non è tanto la singola carta, ma la difesa dei diritti conquistati. E le singole carte si rafforzano a vicenda. Citare ed invocare una singola carta, fingendo che non esistano altre carte, o diritti costituzionali, in ogni Stato, lì é la insidia e il rischio.

La Convenzione di Oviedo non regolamenta la non discriminazione e la inclusione scolastica.
Citata come ausilio interpretativo va bene, come unica risorsa é un azzardo. Per i motivi spiegati da me ed anche da Barbara Todisco e gli altri genitori del Coordinamento Nazionale Genitori per la libertà di scelta, che si consultarono anche con un legale, in proposito, mettendo in luce la insidia dell'art.26 con cui gli Stati possono, se vogliono, andare in deroga al principio consensualistico sancito all'art. 5 della Convenzione di Oviedo stessa. 
Nel diritto si ragiona spesso con la formula ed il pensiero del "in combinato disposto". I diritti costituzionali sono interpretabili. Ed inoltre, bisogna imparare a ragionare non per camere stagne.
La Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea, in acronimo CDFUE, già carta di Nizza, è inclusiva anche di altri diritti (non solo del principio del consenso libero ed informato in ambito medico terapeutico), è una carta vincolante giuridicamente per l'Italia sin dal 2009, e tutela anche la inclusione, la non discriminazione (nemmeno per convincimento personale), e la formazione ed educazione scolastica.
Anche la Carta di Nizza tutela il principio consensualistico (al suo art. 3). Non ha la insidia dell'art.26 della Convenzione di Oviedo, con cui uno Stato se vuole può andare in deroga al principio consensualistico dell'art.5.
E richiama - questa Carta di Nizza, in acronimo CDFUE - anche il principio di proporzionalità recepito dal diritto comunitario, all'art.52, per cui nessuno Stato può mai annullare completamente i diritti dei cittadini della UE.
La qual cosa richiama in un certo senso il rinforzo alla riserva assoluta di legge del II comma dell'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana, che afferma la tutela ed il "rispetto della persona umana", che mai la legge può valicare e conculcare, neppure se dispone un trattamento sanitario obbligatorio.
Ne discende come corollario che ove vi sia discriminazione, non può esservi tutela della dignità umana secondo la nostra carta costituzionale; motivo per cui la discriminazione assoluta di accesso scolastico nella fascia di età 3-6 anni di età, nella scuola della infanzia, è già palesemente lesiva di diritti soggettivi dei minori e dei loro genitori nei loro coinvincimenti personali (obiezione attiva ad un atto sanitario invasivo e rischioso).

© Luca Scantamburlo

18 giugno 2020

Fonte: https://telegra.ph/DIRITTO-ED-AUTODETERMINAZIONE-IN-TEMA-DI-SALUTE-LIBERTA-DI-SCELTA-06-18
18 giugno 2020, prima versione divulgata pubblicamente

SECONDA PARTE

APPROFONDIMENTI

Per approfondimenti sulle garanzie costituzionali nel merito di un trattamento sanitario obbligatorio, nel pieno rispetto della persona umana, della dignità umana, per una non discriminazione, si legga in proposito la relazione I diritti fondamentali nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, relazione predisposta in occasione dell'incontro della delegazione della Corte Costituzionale con il Tribunale costituzionale della Repubblica di Polonia, Varsavia, 30-31 marzo 2006.

Photo credit: Markus Spiske, Unsplash.com, Wöhrder Wiese, Nürnberg, Deutschland

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