Ricorre oggi l'anniversario della Liberazione dal nazifascismo: la festa nazionale della Repubblica del 25 aprile in cui gli italiani ricordano la fine di un regime dispotico che ha portato alle leggi razziali prima, alla nostra entrata in guerra al fianco di Adolf Hitler e a una sanguinosa guerra civile combattuta in Italia poi, all'indomani dell'Armistizio dell'8 settembre 1943 firmato in segreto a Cassibile (Siracusa) il 3 settembre 1943 dal Generale Giuseppe Castellano, e proclamato alla radio alcuni giorni dopo dal Maresciallo Pietro Badoglio l'8 settembre (il Maresciallo era Capo di Governo provvisorio di allora).
Il 25 aprile fu la data scelta come festa nazionale perché in quel lontano 25 aprile 1945 finamente i comandi partigiani poterono annunciare la liberazione delle città di Torino e Milano, con la ritirata delle truppe tedesche e delle truppe e milizie della Repubblica di Salò; ritirata che precedeva la imminente disfatta del Terzo Reich, di tutto il sistema e regime nazista e la resa definitiva del Giappone che suggellava la fine della seconda guerra mondiale, sopraggiunta poche settimane più tardi.
Ci sarebbe ancora da rallegrarsi dunque? È realmente una giornata di festa l'anniversario di oggi? Per fortuna il Presidente dell'ANPI e l'ANPI stessa (l'Associazione nazionale partigiani d'Italia) hanno opportunamente dichiarato in questi giorni che ritengono inappropriate le bandiere NATO in occasione di tale festa. Resta l'amarezza di tanti italiani che assistono al volere di Governo e Parlamento che autorizzano e si adoperano perché l'Italia spedisca armi ed armamenti alla Ucraina per assisterla militarmente contro i Russi e la loro "operazione militare speciale". Se pace si vuole, diplomatici ed ambasciatori andrebbero mobilitati e motivati, per cercare un compromesso ed una tregua duratura; non è certo inviando carri armati, fucili, missili e munizioni, che si ascoltano le ragioni dell'uno e dell'altro contendente.
Sorvoliamo poi - perché meriterebbe una trattazione a parte - sulla progressiva espansione della NATO ad est degli ultimi due decenni, sempre più a ridosso dei confini russi, e sorvoliamo anche sulla sanguinosa guerra civile combattuta nel Donbass sin dal 2014 (dopo un golpe) con circa ventimila morti civili in quasi otto anni di guerra fra il Governo di Kiev e i separatisti russofoni della Ucraina orientale.
Dopo le palesi violazioni dei principi di legalità e di riserva di legge compiute impunemente dal Governo e dal Parlamento italiani durante l'anno 2020 e la gestione della crisi sanitaria COVID-19 attraverso discutibili e draconiane disposizioni, assistiamo oggi ad improvvisi venti di guerra che l'Italia contribuisce ad alimentare - all'indomani della fine dello stato di emergenza sanitaria nazionale (31 marzo 2022) - e a un ennesimo oltraggio ai valori ed ai principi costituzionali: la violazione dell'art. 11 della nostra Costituzione della Repubblica:
"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."
Art. 11 Cost.
Già in un mio audio di alcuni minuti diffuso in Telegram nell'agosto 2020 ricordai pubblicamente la teoria della separazione dei poteri figlia del francese Charles-Louis de Secondat barone di Montesquieu e da tempo studiata sui banchi di scuola: lo feci in quel mese estivo del 2020 in riferimento alla Repubblica di Weimar ed al famigerato articolo 48 il quale prevedeva - nel secolo scorso - la sospensione di ben sette diritti fondamentali in caso di stato di emergenza deliberato dalle Autorità tedesche.
Più recentemente il tema è ritornato di grande attualità a causa di una inopportuna - ed a mio modesto avviso irresponsabile - proposta di modifica costituzionale avanzata da ventuno deputati italiani nel gennaio 2022 (proposta di legge costituzionale n. 3444, Camera dei deputati, presentata il 13 gennaio 2022, modifica dell'art 78 Cost.), allo scopo di rispondere meglio dal punto di vista giuridico ad eventuali emergenze sanitarie nazionali ed internazionali.
Nondimeno così facendo si dimentica che i padri e le madri costituenti della nostra Repubblica italiana - memori della Repubblica di Weimar e della falla strutturale presente nella Costituzione tedesca di allora, il già citato articolo 48 - con grande lungimiranza evitarono durante i lavori della Assemblea Costituente (1946-1947) di inserire nel testo costituzionale eventualità di stati di emergenza nazionale o qualsivoglia possibilità di sospensione delle libertà e dei diritti fondamentali dell'individuo, all'interno della architettura della Costituzione della Repubblica italiana; fatta salva la situazione ecccezionale di stato di guerra (unica eccezione, per cui le Camere sono chiamate a delibearre).
"Le Camere deliberano lo stato di guerra [cfr. art. 87 c. 9] e conferiscono al Governo i poteri necessari."
Art. 78 Cost.
Questa loro saggezza giuridica ha disinnescato nel passato stati di eccezione molto pericolosi per l'assetto democratico ed istituzionale della Repubblica, ed ha salvaguardato sempre il rispetto dei diritti civili ed umani, tanto è vero che la stessa stagione eversiva nera e rossa degli anni'70 ed '80 del secolo scorso (neofascista e delle formazioni terroristiche di estrema sinistra, fra cui le Brigate Rosse), fu affrontata da parte delle Autorità italiane di allora senza sospensione dei diritti costituzionalmente garantiti.
Come è possibile che oggi ventuno deputati italiani non si rendano conto del grande pericolo insito nella loro proposta di modifica costituzionale? Perché sinora né il Presidente della Repubblica né la Consulta di Roma hanno espresso preoccupazione in proposito?
Purtroppo - e vorrei che fosse chiaro a tutti - il problema non è la Camera dei Rappresentanti o la Corte Costituzionale in sé, ma la memoria storica, il giudizio (la capacità di discernimento) e la moralità e la etica di ciascun componente di un Parlamento o di una Corte, oltre che la propria competenza professionale e la propria esperienza più o meno ampia.
Ad esempio, ogni Giudice adito ed ogni Corte adita ha un proprio terreno giurisdizionale ed un eventuale limite e confine di azione (la cosiddetta giurisdizione). Vi sono Corti e Corti ed una diversa postura analitica nel valutare una controversia. Non sempre, poi, viene effettuata una valutazione nell'intreccio delle fonti come si dovrebbe fare.
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Corte EDU) di Strasburgo e la Corte di Giustizia della Unione Europea (CGUE) di Lussemburgo non sono la stesa cosa, seppur entrambe nate per tutelare il diritto soggettivo, le libertà ed i diritti fondamentali dell'individuo.
Per questo io personalmente ho più volte perorato la opportunità - nel caso di violazione intollerabile dei propri diritti e delle proprie libertà - di chiedere al giudice adito la disapplicazione della normativa nazionale in rispetto del diritto UE di rango primario con effetti diretti, oppure al limite il rinvio pregiudiziale alla CGUE di Lussemburgo.
La Corte Costituzionale italiana del 2006, 2007 e 2008 aveva una altra sensibilità in tema di salute e rispetto della persona umana (Rif. miei audio e post degli anni 2020, 2021, 2022, diffusi nei social network), non a caso si arrivò alla celebre sentenza n. 438/2008 che ci protegge ma che va ribadita, ricordata ed argomentata continuamente.
La Corte Costituzionale di oggi, a parte un piccolo sussulto di dignità nel dicembre 2021 in tema di rispetto di diritti e stop a stati di eccezione (non più tollerabili, si legga la sentenza n. 213/2021), non mi pare abbia la stessa sensibilità dimostrata nel 2006 in Polonia (con una delegazione in visita presso la Corte polacca) e nell'anno 2008, con la storica sentenza 438/2008 che ha affermato e riconosciuto il principio consensualistico (libero ed informato) del paziente, in conformità con il diritto UE.
Pertanto al momento, sollevare la questione di legittimità costituzionale in tema del rispetto dei diritti individuali, può e potrebbe risultare un boomerang con questa composizione attuale della Corte Costituzionale che ha già dimostrato con atti ufficiali quale è la sua posizione sulla gestione della crisi emergenziale sanitaria.
Ci sono stagioni e stagioni, di uomini e donne, che hanno diversi approcci, e sono più o meno sensibili, e più o meno attenti all'intreccio delle fonti.
Dopo il rigetto dei ricorsi in via incidentale del Giudice di Pace Manganiello di Frosinone (alla fine, egli emanò anche una ordinanza di rinvio degli atti alla Consulta di Roma), e dopo altri pronunciamenti della Corte Costituzionale che nel 2021 e 2022 hanno dato ragione allo Stato nella compressione dei diritti fondamentali, non ravvisando normative incostituzionali, meglio stare alla larga dalla Corte Costituzionale al momento.
Ma se proprio ci si arriva e qualche avvocato si incaponisce nel chiedere al giudice un ricorso in via incidentale alla Consulta, si ricordi di chiedere alla Corte Costituzionale di esercitare i cosiddetti POTERI ISTRUTTORI: anche i Giudici della Corte Costituzionale possono esercitarli (seppure raramente lo abbiano fatto in passato) e forse, qualora venisse fatto, finalmente si capirebbero gli abusi e la inedita stagione di "libertà autorizzate" (cfr. Alessandro Mangia) e di irresponsabilità sorta sulla base di gravi crimini ed atti costituzionalmente illegittimi che sono stati emanati in Italia non rispettando la gerarchia delle fonti, l'intreccio delle fonti, e manipolando la verità, silenziando medici onesti ostacolati nella loro attività meritoria di salvataggio e cura di vite e tacendo fatti inoppugnabili, che avrebbero cambiato tutta la gestione della pseudo "pandemia" COVID-19.
La richiesta di un giudizio in via incidentale (ricorso incidentale) - alla luce della tutela prevista dalla CDFUE - è sempre bene farla da parte di un legale che assista dei cittadini, anche in ottemperanza al vincolo giuridico che la CDFUE pone all'Italia, non solo in forza dell'art 117 Cost. che obbliga l'Italia a rispettare l'ordinamento giuridico europeo (comunitario, oggi eurounitario). Ma soprattutto in forza dell'Art. 6 TUE per cui la CDFUE è stata equiparata ad un Trattato.È atto normativo vigente superiore al diritto interno nazionale. Ed una legge italiana può essere non solo incostituzionale, ma apparentemente costituzionale, ma non rispettosa della CDFUE
Su questo, la Corte Costituzionale può esprimersi e deve esprimersi se il giudice ravvisa un dubbio (sentenza 269/2017 Corte Costituzionale).
O addirittura, si può adire il giudice chiedendo - in alternativa - di sollevare non la questione di legittimità costituzionale ma la questione in via pregiudiziale presso la CGUE di Lussemburgo.
Questo lo si può fare dinanzi a qualunque giudice ed in qualunque grado di giudizio.
Infatti proprio la CGUE di Lussemburgo presto si pronuncerà sul caso di un operatore sanitario discusso dinanzi al Giudice del lavoro di Padova, ove è stato difeso dal prof. Avv Augusto Sinagra e per cui il GdL ha chiesto il rinvio pregiudiziale a Lussemburgo. La sentenza è attesa a breve.
Può darsi che altre sentenze seguiranno in relazione alle restrizioni dei diritti fondamentali decise dalle Autorità per governare la emergenza sanitaria, così come una recente sentenza della Corte EDU di Strasburgo ha dato ragione ai cittadini elvetici contro la Svizzera, colpevole di aver violato in modo non proporzionale i diritti fondamentali di associazione e riunione tutelati dalla CEDU all'articolo 11 (Caso della associazione sindacale Communauté genevoise d'action syndical - CGAS contro Svizzera - Strasburgo, sentenza del 15 marzo 2022, ricorso n. 21881/2020).
Le prossime sentenze della CGUE e della CEDU - soprattutto qualora si susseguano a favore dei cittadini - vincoleranno giuridicamente la giurisprudenza nazionale e di conseguenza condizioneranno e cambieranno gli indirizzi di governo e del buon legiferare, costringendo la politica sanitaria ad un più sostanziale (e non solo formale) rispetto dei diritti, in quanto essa si è dimostrata eccessivamente restrittiva sinora da parte di alcuni Stati europei (l'Italia in particolare) nella gestione emergenziale sanitaria COVID-19, con costi sociali ed economici altissimi che si sarebbero potuti evitare.
Questo è ciò che si augura proprio nel più autentico rispetto de l'Esprit des Loix (Lo Spirito delle leggi) enunciato nel 1758 dal filosofo francese Montesquieu nel suo trattato politico divenuto il fondamento delle moderne democrazie ed al contempo la protezione da ogni abuso e deriva autoritaria in seno agli Stati.
Luca Scantamburlo
25 aprile 2022
PHOTO CREDIT
Emma Fabbri, 2019, unsplash.com
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